Stefano W. Pasquini

2013

“L’istinto è un fenomeno fondamentalmente collettivo, vale a dire universale, la cui manifestazione è regolare, e che non ha niente a che vedere con l’individualità. Gli archetipi hanno questa qualità in comune con l’istinto e sono anch’essi fenomeni collettivi.”Così scriveva Carl Gustav Jung nel 1919, lanciando l’ipotesi che l’uomo possa avere un’istintualità comune, che a sua volta si può trasformare in fenomeno creativo senza l’ausilio di un ego smisurato, e quindi con una certa generosità. La frase “Cuore di Pietra”, che è quasi un ossimoro, mi ha da subito affascinato; e mi sono sentito un po’ privilegiato, quando Mili Romano mi ha chiamato a partecipare al suo progetto dal titolo bellissimo. Nella mia mente ho avuto l’idea di fare un’archiviazione sonora delle frasi di Pianoro, da custodire all’interno di un grande cuore di pietra e fruibili da tutti, una sorta di memoria collettiva quasi archetipica ma contemporanea, che potesse uscire da un cavo USB. Così, prendendo come base il Centro Giusti, egregiamente gestito da Andreina Cavazza, ho cominciato a visitare la città, cercando di registrare le voci dei suoi abitanti, la loro storia. E’ indubbio che Pianoro sia un comune illuminato, e ne ho avuto la riprova durante il lavoro compiuto per il progetto, che si è trasformato in una serie di murales in giro per la città. La gente qui sta bene, e c’è coesione sociale. Andreina mi ha mostrato il muro del giardino esterno del Centro Giusti, e da lì è partita l’idea di raffigurare la produzione culturale del paese tramite alcuni cerchi dipinti direttamente sul muro ad acrilico. Ma “L’italiani sono di simulato sospiro”, scriveva Gadda già nel 1952, anteponendo già allora la nostra indole teatrale alla pragmaticità della pianificazione ed io, che pur non essendo un pittore tradizionale amo dipingere, decido di affrontare direttamente ad acrilico i muri a disposizione, dipingendo con una certa teatralità figurativa qualche episodio di produzione culturale del paese: le pigotte cucite dalle signore del Centro Giusti, i graffiti dei ragazzi del Factory, lo stesso progetto di Mili per le scale della stazione, ed altre piccole avventure quotidiane. Nel frattempo, all’italiana appunto, tante chiacchiere con la gente, con gli affezionati del Centro Giusti, con i ragazzi del centro giovanile Factory, con gli altri artisti invitati alla rassegna ed anche con i magnifici Elio e Carola Marchegiani, che a Pianoro hanno fissato il loro headquarter, in cui passa una solida percentuale della cultura del territorio. Infine, la promessa di continuare questi episodi visivi (i cerchi culturali sono uniti virtualmente da un filo nero che li collega) anche su altri edifici e addirittura sulla caserma dei Carabinieri, il cui Maresciallo ci ha accolto con inaspettata generosità. “Se percepiamo più facilmente l’idea nell’opera d’arte che nella contemplazione diretta della natura e della realtà,” scrive Schopenhauer nel 1819 “ciò si deve al fatto che l’artista, il quale non si fissa che nell’idea e non volge più l’occhio alla realtà, riproduce anche nell’opera d’arte l’idea pura, distaccata dalla realtà e libera da tutte le contingenze che potrebbero turbarla.” Allora perchè non finire anche un graffito lasciato a metà da un workshop precedente al Factory, e lasciare un piccolo autoritratto a pennello come tag d’altri tempi? Tutto questo ha avuto un suo effetto su di me, e l’ho trovato sorprendente e bello. Archiviarlo come un semplice progetto di intervento murale non mi sembrava sufficiente. Da qui il titolo UA13044, che implica un’opera catalogata come azione nel tempo e nello spazio. Nel mio immaginario sgombiato posso solo ricordare Pianoro e la sua gente come una parentesi quadra che si è arrotondata, un cuore di pietra dagli spigoli morbidi.

Visita il sito dell'artista qui